Il Club degli Orafi e Intesa Sanpaolo hanno realizzato per la prima volta una inchiesta presso i Soci del Club degli Orafi, associazione che riunisce le più importanti aziende dell’industria orafa italiana, che completa e integra i risultati quantitativi sul settore contenuti nella Scheda Statistica, pubblicata dal 2005.
I risultati saranno presentati a Vicenza sabato 19 Marzo alle 13 in un seminario organizzato durante VicenzaOro, all’interno della manifestazione fieristica.
L’inchiesta, condotta prima della guerra in Ucraina ma aggiornata negli ultimi giorni, conferma gli ottimi risultati del 2021: quasi il 60% degli intervistati o non ha subito cali del fatturato nel 2020 o li ha già completamente recuperati nel 2021. L’indice di fatturato ISTAT mostra una crescita dell’oreficeria e bigiotteria di oltre il 50% nel 2021 che porta i livelli del 17% al di sopra di quelli del 2019, un dato nettamente superiore alla media manifatturiera (+9%) e soprattutto agli altri comparti della moda, cha ancora soffrono di un gap nei confronti del pre-pandemia.
Cruciale per il recupero del settore la straordinaria competitività sui mercati internazionali, con le esportazioni che hanno toccato il record storico di 8,5 miliardi di euro per l’oreficeria e bigiotteria e di 7,5 miliardi per i soli gioielli in oro, grazie agli ottimi risultati conseguiti su tutti i mercati, in particolare gli Stati Uniti che rafforzano il proprio ruolo di primo sbocco.
In un quadro di diffuso ottimismo, con oltre il 73% delle imprese che si aspettava una ulteriore crescita del fatturato nel 2022, l’inchiesta presso i soci del Club degli Orafi evidenziava, già a gennaio, tra le principali criticità i prezzi delle materie prime e i ritardi negli approvvigionamenti, difficoltà esacerbate dall’invasione russa dell’Ucraina: circa il 78% degli intervistati dopo il conflitto evidenzia un impatto negativo, con l’incremento dei prezzi delle materie prime come maggiore criticità indicata da tutti i partecipanti all’indagine.
Significativa la capacità di reazione: 30% delle imprese dichiara di stare pensando a modifiche organizzative in seguito allo scoppio del conflitto, in particolare attraverso una revisione dei canali di approvvigionamento ma anche dei listini e dei canali di vendita.
La reattività delle imprese è basata su una elevata propensione all’investimento: i 60% dei rispondenti dichiara di aver aumentato i propri investimenti nell’ultimo biennio, nonostante la pandemia, con una particolare attenzione nei confronti della formazione e del capitale umano, che ha ricevuto il massimo dei punteggi in termini di priorità ed è stato indicato solo dal 5% del campione come “non rilevante”. Seguono la digitalizzazione della fase produttiva, la Ricerca e Sviluppo e la valorizzazione del marchio.
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